USCIRE DALLA BARCA DELL'EGO
Enrique Martínez LozanoMt 14, 22-33
Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salí sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassú.
La barca intanto distava qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "È un fantasma" e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesú parlò loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura." Pietro gli disse: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque." Ed egli disse: "Vieni!" Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesú. Ma per la violenza del vento, s'impaurí e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!" E subito Gesú stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?"
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: "Tu sei veramente il Figlio di Dio!"
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Questo bellissimo racconto risulta essere una bella metafora della nostra vita. Abbandonata la lettura letteralistica che, oltre a non corrispondere all'intenzione del redattore, lo impoverisce e falsifica, vi troviamo una "descrizione" del nostro modo di funzionare quando siamo installati nell'ego (nella lettura che la nostra mente fa delle circostanze).
Nella "barca" dell'ego ci sentiamo facilmente agitati da ogni tipo di onde, pieni di paure e credendo di vedere dei fantasmi attorno.
Paure e fantasmi, però, svaniscono non appena usciamo dalle interpretazioni che la nostra mente fa delle cose, e ci ancoriamo all'"Io sono", la nostra identità ultima, quella che condividiamo con tutti gli esseri.
In questa, accettiamo ciò che avviene, la mente si silenzia... e ritorna la pace. Perché la nostra identità piú profonda è sempre in salvo. L'"Io sono" -la Coscienza di essere- non può essere colpita negativamente da nulla. Riconoscersi in quell'identità e viversi in connessione con essa è il culmine di ogni saggezza.
In ciò consiste tutta la "destrezza", come esprime Papaji: "Qualunque cosa venga, lasciala venire; ciò che ne resterà, lascialo stare; ciò che se ne va, lascialo andare. Resta in silenzio e adora l'Essere." Nel riconoscimento che l'"Essere" non è una realtà che scorra parallela a noi, che si trovi "fuori" o che ci risulti strana. L'Essere è un altro nome della nostra vera identità, che si esprime nella personalità che abbiamo. Perciò, lo stesso Papaji conclude: "Durante tutte le attività della vita ricorda sempre che tu sei l'Essere."
Nell'identificarci con la nostra personalità (o io), disconnettiamo dalla nostra identità, ci chiudiamo nella "barca" dell'ego, e lí tutto diventa buio, agitazione ondosa, confusione, paura e sofferenza.
A volte, pur essendo nella "barca", sentiamo l'impulso di andare "oltre", di trascendere questa piccola chiusura e "prendere il largo" dell'"Io sono". Tale impulso non è che un'espressione della nostra stessa identità che, in forma di Anelito, clama in noi, anche malgrado la nostra ignoranza.
Qualcosa ci dice che la Vita è piú delle abitudini a cui l'abbiamo ridotta e della routine a cui ci siamo abituati; e che noi non siamo l'ego che la nostra mente pensa, per quanto solitamente è da lí che ci siamo vissuti. Ci fidiamo di quella "voce" che viene da non sappiamo dove, e usciamo dalla ristrettezza che ci teneva imprigionati.
Tuttavia, di solito è cosí grande l'inerzia di generazioni e di tutta la nostra propria vita che basta sentire la "forza del vento" perché la paura si impadronisca nuovamente di noi e pensiamo di stare affondando.
"Uomo di poca fede!", dice Gesú a Pietro. Che poca certezza in ciò che siamo... La mano che afferra Pietro non è altra che l'"Io sono", identità in cui Gesú si riconosceva e che tutti condividiamo con lui. Per non essere vittime della paura, abbiamo bisogno di coltivare il contatto e la connessione con chi realmente siamo: questa è l'unica piattaforma dov'è possibile la pace e la saggezza.
Per tutto questo, può essere bene che ricordiamo l'insegnamento di Nisargadatta: "Rifiuti tutti i pensieri tranne uno: "Io sono". La mente all'inizio si ribellerà ma, con pratica, pazienza e perseveranza, cederà e resterà in calma. Una volta che Lei sarà in calma, le cose cominceranno a succedere spontaneamente e di un modo assolutamente naturale, senza alcuna interferenza da parte Sua. Non si preoccupi per niente di quello che Lei vuole, pensa o fa; rimanga solo situato nel sentimento-pensiero "Io sono", focalizzando "Io sono" fermamente nella mente. Nel momento in cui Lei se ne allontanerà, ricordi: tutto ciò che è percettibile e concepibile è passeggero, e solo l'"Io sono" permane. Dopo tutto, l'unico fatto del quale Lei è certo è che "Lei è". L'"Io sono" è certo, l'"Io sono questo" non lo è."
Enrique Martínez Lozano
Traduzione: Teresa Albasini